Questo è un tema che meriterebbe centinaia se non migliaia di pagine perché talmente vasta è la letteratura legata alla solitudine esistenziale. Ma qui vogliamo solo dare alcuni semplici spunti di riflessione, riguardanti solo una parte del tema: “solitudine”.
La solitudine è uno stato dell’animo che fa parte della natura umana, è caratterizzato dal fatto che non dipende tanto dalla propria condizione rispetto all’esterno (vivere da soli, avere una famiglia, degli affetti, vivere in una comunità o in un eremo) ma dal proprio “essere interiore”.
Su internet ho trovato questa definizione di un utente anonimo che trovo molto attinente al concetto di “solitudine”:
“ Sì, la solitudine umana mette
in contatto con il lato più profondo del nostro animo.
E per profondo , intendo anche quello più oscuro; sia in quella cercata, che in
quella non voluta, nella solitudine le sensazioni sono acuite e si deve fare i
conti col proprio inarrestabile flusso di pensieri, è una condizione che ci
permette di venire a contatto con le nostre profondità, che in realtà possono
anche rivelarsi essere vuote profondità, mostrandoci la nostra condizione di
piccolezza. “
Io credo che questa condizione umana, che come tale è inscindibile dall’uomo e dalla sua volontà, abbia degli aspetti che ci sconcertano, in quanto ci costringono a guardare all’abisso della condizione umana, all’infinito, alla morte, allo sconosciuto.
La solitudine è un grande punto interrogativo che ci pende sopra la testa e a cui noi non sappiamo dare una risposta. Non c’è nulla di peggio di avere delle domande a cui non poter dare una risposta. E l’uomo, nonostante migliaia di anni di studi filosofici, scientifici, di scoperte, di religioni, non è ancora capace a sciogliere quelle che sono le principale nostre angoscie esistenziali.
Per questo, per la maggior parte dell’umanità, l’unica speranza viene riposta nella “fede religiosa”, che è la panacea di questo male, il mal di solitudine.
Io la vedo in modo un po’ diverso, credo che il concetto di solitudine esistenziale sia correlato al nostro progressivo allontanarsi dalla natura e dai suoi normali cicli, la vita dell’uomo in fondo è un ciclo naturale come tanti altri, non c’è nulla di drammatico nella natura se ogni giorno si muore e si nasce. Muoiono e nascono fiori, piante, insetti, animali. La materia organica morta porta con sé nuovamente la vita, come nutrimento per chi ancora deve venire.
Noi siamo parte di questo ciclo naturale, torneremo ad essere sabbia di deserto o acqua di mare, forse saremo parte del vento o saremo una foglia di un albero. Perderemo la nostra identità umana, che a cui tanto teniamo e che può essere una gabbia che ci incatena. Ma se vivessimo questa condizione umana con la consapevolezza di essere una parte, un granello, del TUTTO, una minuscola ma necessaria rotellina dell’ingranaggio universale, forse perderemmo il senso della solitudine umana e l’accetteremmo più volentieri.
Ma questo è un passo che non può compiere soltanto la nostra razionalità, ma un sentimento profondo che va acquisito dalla propria parte emozionale più profonda.
Sentirsi parte del tutto, questa, forse, è la medicina contro la solitudine. Saper apprezzare la propria condizione umana, viverla pienamente ed essere consapevoli di essere parte di un disegno più grande. In questa consapevolezza, e considerando la vita un dono prezioso che ci è stato dato, al di la della nostra condizione attuale, vale la pena di sfruttare questo dono il più possibile. Indietro non si torna, mai.
P.s.: data la vastità dell’argomento, torneremo sicuramente su questo tema perché ci sarebbero da dire tanto altro ma qui, nel blog, non conviene mai scrivere post troppo lunghi perché poi non li legge nessuno.
<La solitudine è uno spazio così vasto che, alle volte, si prova invidia per chi urta sempre contro i soliti, vecchi spigoli.
Diego Cugia,>
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