Il Sisma in Giappone e l’inganno nucleare. Ci hanno detto mille volte che le centrali nucleari sono sicurissime. A prova di bomba, di terrorismo, di terremoti, di maremoti, praticamente di tutto. Effettivamente i calcoli strutturali di questi impianti parrebbero mettere al sicuro da ogni rischio. In Francia si progettano impianti con un terremoto di progetto con un tempo di ritorno di circa 1000 anni. In Giappone, in una delle zone al mondo più flagellate da terremoti, prima del terremoto di Kobe, del 1995, si considerava che un valore di progetto della magnitudo del terremoto pari a 6,5 sotto l’impianto e questo pareva un dato cautelativo. Peccato che a Kobe la magnitudo raggiunse un valore ben più alto, pari a 7,2. A quel punto si pensò che per essere sicuri bastava alzare ancora “l’asticella” e porsi al limite massimo di magnitudo pari a 7,75. Questo era quanto previsto dalle linee guida del Nuclear Safety Commission (NSC), ente giapponese che ha il compito delicatissimo di stabilire gli standard minimi di sicurezza per gli impianti nucleari. L’impianto di riprocessamento di Rokkasho è stato progettato per reggere fino ad una magnitudo di 8,25. Sembravano valori irraggiungibili, pareva ci fossero ampli margini di sicurezza, ma con l’ultimo sisma in giappone, dove la magnitudo ha superato il valore di 9 (!) della scala Richter si è capito che per quanto riguarda la sicurezza degli impianti nucleari, mai nessuno cautela suppletiva è superflua. E chi ci dice infatti che un evento previsto nell’arco di un millennio accada proprio oggi invece che tra cinquecento anni? Per quale motivi gli ingegneri che calcolano questi rischi devono giocare a dadi con la vita umana? Da ingegnere penso che è proprio l’approccio sistemico che è sbagliato. Anche perché l’incidente in una centrale nucleare non è detto che vada come previsto. Lo si è visto a Chernobil, dove una serie di coincidenze ha portato una catastrofe ambientale che continua ancora oggi a fare vittime. E come prevedere l’azione contemporanea di onde sussultorie e ondulatorie? E le dinamiche della crosta terrestre? Tutti i modelli di calcolo sono squisitamente teorici e, per essere usati in modo giusto, devono essere arricchiti da coefficienti di calcolo per i quali il livello di indeterminatezza può anche essere alto. Quindi, per essere sicuri, l’unica è surdimensionare in maniera esagerata le strutture esterne ed interne delle centrali nucleari, in un orgia di cemento armato che oltre a rappresentare di per sé stesso un insulto all’ambiente circostante, provoca anche degli ulteriori costi che vanno a gravare sulla competitività dell’energia nucleare, competitività resa ancora più problematica dal costo di smantellamento degli impianti, che non viene mai considerato nel business-plan del nucleare, in quanto in genere è a carico della collettività, ed il costo, impossibile da valutare a priori, dello stoccaggio delle scorie radioattivo, non quantificabile in quanto ancora oggi non esiste un sistema sicuro, stabile ed efficiente, in grado di tenere in assoluta sicurezza le scorie radioattive per tutto il periodo della loro pericolosità (che a seconda dei materiali radioattivi và dalle poche decine di anni alle molte centinaia di anni). Cioè si è scelto scientemente di lasciare questa pericolosa “eredità” ai nipoti dei nostri nipoti che la tramanderanno a loro volta ai loro di nipoti, sperando che nel frattempo i contenitori dove sono stivate le scorie non si corrodano o i siti dove sono stati sepolti non abbiano degli sconvolgimenti geologici. Inoltre gli ultimi fatti del Giappone dimostrano che il problema non riguarda solo e tanto le strutture in cemento armato, il “guscio protettivo”, quanto l’efficienza dei sistemi di raffreddamento, grovigli di tubi che possono andare in tilt proprio per azioni telluriche particolarmente violente. E gli incidenti di questi ultimi giorni ci mostrano che quando vanno in tilt i sistemi di raffreddamento, che in genere sono più che duplicati per questioni di sicurezza, le temperature del nocciolo aumentano rischiando di arrivare al punto di fusione (con tutto quello che ne deriva). Nell’impianto Nucleare di Fukushima Daiichi in queste ore i cerca di raffreddare il nucleo con l’iniezione di acqua marina. Già si sono verificate esplosioni negli altri reattori e la situazione oggi è assai critica. Questo nonostante si avesse un sistema funzionante di autodisattivazione dell’impianto collegato con sensori sismici(!) http://af.reuters.com/article/energyOilNews/idAFTKB00731720110313 http://www.world-nuclear.org/info/default.aspx?id=494&terms=earthquake
e non si tiene mai conto delle implicazioni psicologiche degli addetti presenti in una centrale al momento delle scosse.
Non si può aumentare l'attenzione di un addetto che riceve notizie terribili da casa e dalla famiglia, ad esempio se il tecnico sa che la propria casa può resistere ad un sisma a scala 7 e le scosse che avvengono dove abita solitamente non superano livello 6, sta relativamente tranquillo; cosa succede alla sua testa nel caso che la centrale resista anche a scosse più forti ma casa sua cade con tutta la sua famiglia sotto?
Queste sono condizioni che non si possono graduare ne tantomeno regolare a seconda del sisma.
Perché l'uomo non viene mai considerato quando è acclarato che nessun progettista realizza macchine volutamente insicure?
Quindi e lapalissiano che quando avvengono incidenti è quasi sempre a causa di chi realizza o gestisce le macchine, quasi mai gli incidenti automobilistici avvengono a causa di manchevolezze dell'azienda costruttrice e sicuramente ciò non avviene volontariamente, e una centrale nucleare non è proprio uguale ad un'autovettura, mi sembra.
Scritto da: Massimo Penitenti | 03/30/2011 a 13:12