L'amico Vincenzo Andraus mi manda queste righe, come sempre piene di grande umanità ed io ne voglio rendere partecipe chi segue il mio blog:
QUEL LUNGO E LENTO VIAGGIO DI RITORNO
Eva
è una bambina dai grandi occhi sparati addosso al mondo, è una fotografia che
non s’impolvera, un tempo che non finisce mai di stupire.
Eva
è la risposta alle domande insolute, ai quesiti addormentati e messi da parte
per non affrontare gli incroci, gli ostacoli che l’esistenza propone nelle
scelte che arrivano, che avvertono delle precedenze, degli arresti, delle
responsabilità da rispettare.
Eva
è lì che ascolta il racconto di una storia vera, che serva a dedicare un
pensiero di speranza a chi è all’inizio della strada, e per cominciare bene,
bisogna non sentirsi mai soli.
C’è
sempre un momento in cui anche il più ottuso degli uomini è costretto a
lasciare sguarnito il proprio quadrato delle rigidità ostinate, scegliendo di
essere interprete di una nuova attenzione, di abitare finalmente la
responsabilità del proprio vissuto.
E’
possibile farlo nel silenzio costretto di una cella, nell’ascolto di una
preghiera, nella fatica di una relazione importante, condividendo il
cambiamento che aiuta a spostare i piedi e il cuore dall’angolo in cui spesso
restiamo disabitati.
Come
raccontare a una ragazzina e a qualche bullo inebetito dal proprio ruolo, che
forse per cambiare la storia dovremmo condividere una responsabilità, quella di
ammettere che gli artefici dei nostri guai, delle nostre sfortune, non sono gli
altri, ma che “ l’unico vero problema sono io“.
Il
passato non si cancella, non scompare, ma è possibile distanziarlo, e renderlo
materia di riflessione, di interrogativi, persino quando la domanda incupisce,
inquieta.
Ecco,
proprio in questo frangente è necessario sottolineare l’importanza di non
perdere contatto con noi stessi, e sapere sempre dove sono le persone che
amiamo e che stimiamo, quelle che possono aiutarci a non fare scelte sbagliate,
offrendo le proprie capacità per scardinare il piedistallo su cui poggiano il
mito della forza, della prevaricazione, della violenza.
Quel
giorno, una bambina mi è corsa vicino, mi ha toccato la mano, e facendomi
scivolare dentro qualcosa, è fuggita via.
“Vince,
io non so se gli uomini ti hanno perdonato, ma Gesù lo ha fatto ne sono sicura,
e voglio dirti che anch’io ti ho perdonato”.
Per
tanto tempo ho inseguito quelle righe minute, scritte con ordine e con garbo,
per tanti anni mi hanno accompagnato nel lungo e lento viaggio di ritorno,
quante volte mi sono chiesto se Eva in quell’attimo fuggente era stata sola con
la sua penna, e se avrà ripensato alla facilità con cui si può perdere ogni
cosa, la propria famiglia, la propria libertà, anche la propria dignità.
Quando
penso a Eva, al suo insegnamento forte, mi viene in mente cosa ha detto
un’altra grande donna, ferita nel profondo da un dolore indicibile: “ La
Giustizia ha sempre da riparare, affinché non scompaia la disponibilità umana
del perdono, ma perché ciò possa avvenire occorre riconoscere con
consapevolezza i propri errori.
Gesù parlò al ladrone, è vero, ma con quello che ebbe il coraggio della dignità ritrovata, per chiederGli di poter abitare nel Suo regno”.
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