E' una scena del "Settimo Sigillo" di Ingmar Bergman. Il cavaliere allunga il momento del distacco impegnando la morte in una partita a scacchi. L'argomento mi è venuto spontaneo interessandomi al caso Welby e tutti i suoi sviluppi, e andando nel sito dell'amico Morgan http://ictusgiovanile.blog.kataweb.it/ictus_giovanile/
in cui si affronta il rapporto con la morte (un argomento forse ancora tabù)
Argomento "tabù" per molti, che io trovo invece molto bello, perchè parlare della morte non può che significare parlare della vita, del senso della vita. dell'amore...
Non voglio parlare della morte rappresentata dagli artisti nei secoli, preferisco parlare della mia esperenza. Ho visto persone anziane nel letto di ospedale che l'attendevano, qualche volta con rassegnazione e senza troppa tristezza, capendo che era un fatto inevitabile ed accettandola in qualche modo. Erano riusciti a far pace con la nera signora, ad accettarla, a renderla partecipa degli ultimi istanti della propria vita. Ricordo mio padre che invece, sia pure con un male inguaribile, avendo perso conoscenza, ormai in coma, combattè fino all'ultimo la sua disperata e sofferente battaglia, perchè, conoscendolo, voleva stare ancora con noi figli per aiutarci come aveva sempre fatto in vita. E non fu facile "sperare" in una breve agonia per limitare le sofferenze. Sono sicuro che la persona in quei momenti, al di là della apparente mancanza di lucidità e di conoscenza, in realtà capisce benissimo tutto e gli manca solo lo strumento per comunicare. Avergli tenuto la mano fino all'ultimo è una cosa che ricorderò sempre non con tristezza ma con felicità sia pure nella drammaticità immensa di quei momenti.
Occorre diventarci amici della nera signora. Ignorarla non serve a niente, tanto lei ci conosce tutti, uno ad uno, e non potremo sfuggire al suo fascino.
Tanto vale saperlo, tanto vale renderla partecipe della nostra vita, in ogni istante, affinchè si possa capire meglio l'importanza della vita, dell'amore, delle cose belle, dei colori della natura.
Nella nostra cultura la morte è un argomento "tabù". E pensare che in molti paesi del mondo si reagisce alla morte in modo particolare. In Madagascar, ad esempio, vi è una festa, detta Il "Retournement", il ritorno. Ad una certa distanza dalla morte di una persona si fà una specie di nuova tumulazione, prendendo i resti della persona morta e facendo una sorta di altro funerale che ha più un sapore di festa, con balli, canti, mille colori...
Siamo strani noi umani che abbiamo paura dell'unica cosa che siamo sicuri al 100% ci accadrà. E' paradossale. Alla morte occorre arrivarci "preparati". Ed il miglior modo per "prepararsi" è quello di vivere "bene", non odiando nessuno, serenamente, vivendo nell'amore e nel presente. Non sò se ci sono arrivato a questo punto.
No, ancora no, vorrei qualche anno per prepararmi meglio, che dici, cara signora?
bello non l'avevo ancora letto.
forse se non si avesse paura della morte riusciremmo a vivere in modo pieno ogni attimo vivendolo come se fosse l'ultimo ha un altro sapore.
o no?
Scritto da: morgan74 | 12/13/2006 a 16:42